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La filiazione cambia volto

La filiazione cambia volto

di Silvana Guerra*

Il 2013 si è concluso con un regalo per tutte le famiglie italiane: la nuova legge sulla filiazione.
La legge è la n. 219 del 10 dicembre 2012, che ha dato un volto nuovo alle norme sui rapporti tra genitori e figli, anche adottivi.
Era ora che ci fosse un cambiamento in questa delicata materia! La normativa esistente, infatti, non era più rappresentativa dei sentimenti che la società civile esprimeva nei confronti della tutela dei minori e della loro uguaglianza giuridica, dunque è stato giusto voltare pagina.

Non c’è dubbio che a questo cambiamento abbia dato un forte contributo il mondo delle adozioni, particolarmente sensibile alla tutela del superiore interesse del minore. Si deve, infatti, anche alla pressione esercitata dalle associazioni delle famiglie adottive e dagli enti autorizzati sulle forze politiche se si è arrivati ad avere delle norme più eque nei confronti di tutti i figli.
La costanza, dunque, è stata premiata perché il Parlamento, facendosi interprete del comune sentire, ha eliminato ogni pregiudizio e discriminazione tra figli biologici e non, rendendoli tutti giuridicamente uguali.
Ma quali sono le novità contenute nella Legge n. 219?
Per ragioni di spazio non posso fare un esame completo di tutte le modifiche apportate dal legislatore alla materia, mi limiterò pertanto a quelle che toccano più da vicino il nostro mondo, cioè quello delle adozioni. Prima però di avventurarmi tra principi e norme, vorrei porre in evidenza come il lavoro di modifica della normativa sulla filiazione sia stato un lavoro nel quale le Parlamentari sono state tutte in prima linea e al quale nessuna forza politica si è sottratta. Un lavoro corale, dunque, che ha saputo legare tra loro le modifiche con il filo rosso dell’evoluzione, della sensibilità e della civiltà giuridica e che del riconoscimento dell’unicità dello status giuridico di figlio (e quindi di uguali diritti per tutti i figli) ha fatto il vero fiore all’occhiello della riforma. E allora non posso che iniziare dall’ articolo che proclama questo principio e cioè dall’art. 315 c.c., che recita:
” Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”.
Che cosa significa “avere lo stesso stato giuridico”?
Significa che oggi nei nostri codici (civile, penale, di procedura civile e penale) e nelle leggi che disciplinano i rapporti genitori-figli non c’è più distinzione tra figli legittimi, naturali, incestuosi e adottivi, non c’è più distinzione di trattamento giuridico tra loro. Significa che oggi non ci sono più ingiuste e mortificanti discriminazioni, perché per il nostro ordinamento i figli sono giuridicamente tutti uguali : sono tutti, semplicemente, figli.
L’affermazione di un principio così importante non poteva non essere accolto dalla nostra legislazione sulle adozioni, la Legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore alla famiglia) che, nell’articolo 27 riformulato, afferma che l’adozione fa acquistare al minore ” lo stato di figlio nato nel matrimonio dei suoi genitori adottivi” e non più ” lo stato di figlio legittimo degli adottanti.”
Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma l’articolo 27 si applica alle adozioni nazionali e non alle adozioni internazionali.”
“Vero, rispondo, ma solo in parte, perché l’art. 35, 1°comma (che si trova nella parte della legge 184/83 dedicata alle adozioni internazionali) stabilisce che :” L’adozione pronunciata all’estero produce nell’ordinamento italiano gli effetti di cui all’art. 27″.
Dunque anche il bambino adottato in Russia, in Cina o in Vietnam, cioè qualsiasi bambino adottato internazionalmente, acquista lo stato di figlio nato nel matrimonio dei suoi genitori adottivi, con conseguente acquisto del vincolo di parentela e dei diritti successori nei confronti dei parenti acquisiti.
Restando in tema di parenti, vorrei segnalare un’altra novità giuridica che sicuramente renderà felici tutti i nonni e le nonne: mi riferisco al principio contenuto nell’art. 317 bis c.c., secondo il quale per una sana crescita affettiva e psicologica dei figli sono indispensabili i rapporti con gli ascendenti (nonni e bisnonni)
Ma che cosa dice di preciso questo articolo?
Ecco il testo:
” Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore… omissis”.

Per chiarire ulteriormente il contenuto dell’articolo, posso aggiungere che è riservata maggior tutela agli ascendenti, i quali potranno vantare e far valere in giudizio il loro diritto ad avere rapporti con i nipoti. Per essere più chiara, se, per esempio, al nonno (paterno o materno) viene impedito ingiustamente di frequentare i nipotini, ebbene quel nonno potrà rivolgersi al giudice e ottenere il riconoscimento del suo diritto.
In ultimo, e non certo per importanza, vorrei trattare dei diritti dei figli e del concetto di responsabilità genitoriale affermati nella Legge n. 219/12.
Cominciamo dai primi: quali sono questi diritti?
Sono il diritto di ogni figlio di crescere nella propria famiglia, il diritto di ricevere dai propri genitori il mantenimento, l’educazione e l’assistenza morale che la sua età richiede. Ma non basta. Oggi ai diritti dei figli non corrisponde più la potestà genitoriale ma la responsabilità genitoriale, che è una nozione più ampia come bene descrive la relazione al decreto attuativo della legge 219, di cui riporto il testo:

“Il concetto di responsabilità genitoriale è necessariamente più ampio di quello di potestà genitoriale, in quanto nella sua componente economica vincola i genitori al mantenimento dei figli ben oltre il raggiungimento della maggiore età, fino cioè al raggiungimento della loro indipendenza economica, come ormai pacificamente affermato nel diritto vivente.”

Dunque non solo un cambiamento terminologico, ma un cambiamento di cultura sociale prima che giuridica, infatti, la modifica terminologica rispecchia un modo più evoluto della nostra società di pensare al rapporto genitori-figli, un rapporto non più centrato sul potere dei genitori ma sul superiore interesse dei figli. È in quest’ottica, quindi, che va inquadrato il rapporto di filiazione (cioè quello fra genitori-figli) che oggi non si basa più sul potere dell’adulto (il genitore) al quale corrisponde lo stato di soggezione del figlio, ma sulla responsabilità e sull’impegno dei genitori di vigilare sull’istruzione, educazione e condizioni di vita dei propri figli.
Per concludere, vorrei partire proprio dal nuovo concetto di responsabilità genitoriale per una mia breve riflessione: l’idoneità dichiarata dal giudice alle coppie che si rendono disponibili all’adozione non è un requisito statico, una medaglia che ci si appunta sul petto e che col tempo corre il rischio di impolverarsi. L’idoneità, al contrario, è un modo dinamico di essere genitori adottivi, uno status in continua evoluzione, perché idoneità è capacità di saper crescere, modificarsi, arricchirsi anche e, forse, soprattutto attraverso il superamento di momenti non propriamente felici nel rapporto con i propri figli. Ebbene, è proprio nei frangenti più impegnativi emozionalmente che, se c’è, salta fuori la vera idoneità all’adozione, la resilienza dei genitori, che è capacità di superare le difficoltà traendo da esse elementi di positività e di crescita da mettere poi a disposizione di chi si ama.
E non c’è dubbio che responsabilità genitoriale imponga che papà e mamma in difficoltà nel rapporto con i loro figli escano dal proprio guscio e, affinché le piccole difficoltà di oggi non diventino le situazioni insuperabili di domani, chiedano supporto a chi è qualificato a darglielo per affrontare gli ostacoli che da soli, in piena onestà, riconoscono di non poter superare.

La consapevolezza che il bene dei figli passa anche e, forse soprattutto, attraverso il superamento dei nostri limiti è, secondo me, il contenuto più profondo di quella responsabilità genitoriale a cui le nuove norme sulla filiazione ci chiamano.

*Silvana Guerra, laureata in giurisprudenza, dal 2002 al 2012 è stata funzionario della carriera direttiva presso la segreteria tecnica della Commissione per le Adozioni internazionali.

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